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EVENTI TEATRALI  |  Centro Culture Zo Sala Grigia  |  17/10/24 - 20/10/24

Biglietti Ed io l'amavo

Adriana Parrinello

Catania Off Fringe Festival

Biglietti Ed io l'amavo
Con l’espressione “vittima della mafia” solitamente si intende chi viene ucciso, ma a ben pensarci non è così, o meglio, non è soltanto così. È vittima anche chi subisce indirettamente. “ Ed io l’amavo” - Filippa Di Dia, vittima viva della mafia. Con l’espressione “vittima della mafia” solitamente si intende chi viene ucciso, ma è vittima anche chi subisce indirettamente questa violenza. E la stessa parola “indirettamente” non è appropriata.. Nell’ atto unico “... Ed io l’amavo”/ Filippa Di Dia, vittima viva della mafia”, testo in siciliano, a parlare è la moglie di Vito Pipitone, sindacalista marsalese della Federterra (CGIL di allora) che l’8 novembre del 1947 fu freddato da un colpo di fucile allo stomaco. Aveva organizzato per il giorno dopo una manifestazione contadina per la lottizzazione e assegnazione agli agricoltori del feudo Giudeo. Secondo la legge Gullo, le terre incolte andavano divise tra i braccianti ma ciò incontrava il dissenso dei latifondisti e della mafia. Fu ucciso, lasciando moglie e 4 figli. Seguirono funerali mai visti per un comunista, con cinquemila persone e le istituzioni, ma poi fu il silenzio. Filippa e i bambini furono abbandonati e isolati con il loro dolore, le loro domande e soprattutto la loro miseria. Il giorno dopo avrebbe dato vita ad una manifestazione contadina per la lottizzazione e assegnazione agli agricoltori del feudo Giudeo, in esecuzione della legge Gullo, secondo cui le terre incolte avrebbero dovuto essere divise tra i braccianti. Ovviamente questa nuova norma incontrava il dissenso dei latifondisti e della mafia. Vito fu ucciso mentre, in bicicletta, andava a trovare la madre. Lasciò la moglie Filippa e quattro figli, uno dei quali malato (che morirà all’età di 14 anni). Da quella notte la vita di Filippa cambiò radicalmente. Vitò non morì sul colpo, fu portato all’ospedale di Marsala dove i carabinieri lo piantonarono, non consentendo alla moglie neppure di parlargli, finché avrebbe potuto. Seguirono funerali mai visti per un comunista, con cinquemila persone e le istituzioni, ma poi fu il silenzio. Filippa e i bambini furono abbandonati e isolati con il loro dolore, le loro domande e soprattutto la loro miseria. Filippa però doveva andare avanti, in qualche modo, con i suoi figli, per i suoi figli e lo fece accanto a quella lampada “addrumata”, davanti alla finestra “muta” dove era solita aspettare il ritorno di Vito. La stessa lampada alla quale confidava le sue paure, prima dell’assassinio. L’atto unico, oltre al “post mortem” di Vito, ripercorre la loro vita insieme, l’amore di Filippa per il marito, la sua dedizione per “quelle mani che seppur “abbruciate di lu suli e cu l’ugna nivure (con la pelle bruciata dal Sole e con le unghia nere per via del lavoro nei campi)”, lei amava tanto. Sullo sfondo una Marsala post guerra, fatta come una cutra di pezza dove ogni contrada è come un pezzo di una coperta in patch work di colore diverso, memore del bombardamento degli americani, in seguito al quale gli ‘nfami saccheggiarono tra le macerie.

Di Putaggio Vincenza Maria Chiara

Con Adriana Parrinello
Produzione Associazione I Musicanti
Categoria: Monologo
Durata 60 min

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