Nicola Fago, oltre che insigne didatta, fu prolifico compositore di musica sacra liturgica (messe, litanie e salmi, cantici, inni mottetti e responsori) ma, alla pari dei suoi più illustri colleghi, non trascurò di dedicarsi anche alla musica drammatica, componendo cantate e serenate encomiastiche, qualche melodramma e almeno tre oratori tra cui Il faraone sommerso (1709) di cui sono state rintracciate due partiture manoscritte, copie coeve, una conservata alla biblioteca del Conservatorio di Firenze e l’altra appartenente ad una collezione inglese conservata al Tenbury College. Ignoriamo del tutto chi sia l’autore del testo, ispirato alla biblica vicenda della liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù egizia, attraverso il miracoloso passaggio del Mar Rosso. Potrebbe trattarsi di un anonimo rimaneggiamento di uno dei tanti libretti di ‘drammi sacri’ dedicati all’episodio e rintracciabili, per tutto il XVII e XVIII secolo, sotto titoli che talvolta pongono l’accento sulla figura del Faraone più spesso su quella di Mosè.
La composizione era destinata ad esecutori esperti, dotati di una certa agilità vocale e di buone capacità espressive, e quattro sono i personaggi che animano la contrastata vicenda biblica: il Faraone (basso), feroce e ostinato simbolo negativo del male, Mosè (tenore baritonale) ed Aronne (soprano), contrapposta espressione di Dio e del suo popolo, e il Messo (alto), che vagamente ricorda, nel ruolo di testimone e narratore della vicenda, il “Testo” delle precedenti forme oratoriali. Il testo poetico distribuisce con molto equilibrio recitativi ed arie fra i quattro personaggi in perfetto accordo con le convenzioni razionalistiche dell’opera seria del primo Settecento. I recitati contengono gli elementi narrativi e drammatici, mentre le arie rispondono alla stilizzazione di un affetto o di uno stato d’animo, e sono prevalentemente liriche.